Le installazioni, i disegni, le  sculture, il teatro, i film e le performance di Jan Fabre fanno da tempo il  giro del mondo. Ma il Giornale notturno,  scritto tra il 1978 e il 1984 – una pratica di scrittura che continua ancora  oggi – ci consegna l'autoritratto di un ventenne, insonne e in rivolta, mosso  da un'irresistibile volontà di creare, di mettere in scena e di sperimentare in  ogni direzione, che ha deciso di diventare un grande artista contro il  conformismo e la meschinità che incontra nel mondo.
                                                                        Negli spostamenti da Anversa a  Parigi, da New York a Napoli, da Amsterdam a Venezia, per citare solo alcune  delle città di questo Giornale, Fabre  è anche alla ricerca di compagni di lotta per l'espressione. E la notte sembra  essere il momento più propizio, più lacerante e perciò più furiosamente  creativo, ora tempo di meditazione, ora letteralmente di ‘sanguinamento', per  restare fedeli, al di là di ogni tabù, con ogni zona del corpo, alla volontà di  affermazione, di eccesso, di danza e di guerra per la bellezza: 
                                                                        «La nuova rivoluzione
                                                                        avrà luogo
                                                                        non nel mondo esterno
                                                                        ma nella nostra carne».