Orestea/ Agamennone Schiavi  Conversio, apertura della 46a  Biennale di Venezia, è un lavoro teatrale sulla trilogia di Eschilo, un  confronto con l'opera che estende il dominio del teatro ai campi anti-teatrali  della performance e della critica. Cosa significa recarsi a cospetto del corpus  eschileo, di una materia archeologica in primo luogo verbale? Orestea,  tragedia politica o metafisica? Il libro  rivela l'impegno di  Simone Derai a tenere ostinatamente  per mano i due discorsi paralleli della giustizia e dell'essere,  affrontando la scalata a questa impalcatura bifida e impervia con una nuova infedele  traduzione. L'Orestea di Anagoor rincorre Eschilo ma anche Socrate,  Broch, Severino, l'amato Sebald, Arendt, il poeta Mazzoni, una muta di Virgili apripista per scendere lungo la schiena  dell'Occidente, dal bacino del Mediterraneo alle foreste europee, su tracce che  portano ai rituali funebri, all'ossessione del non c'è più, all'origine  del teatro, ai deliri del continente, alle fosse comuni. Compiuta con Patrizia Vercesi  la traduzione in versi liberi è inseguita qui, lemma per lemma, dal commento di  Susanna Pietrosanti come un segugio che fiuta la pista del sangue. 
        Il teatro di Anagoor risponde a un'estetica iconica precipitata  in diversi formati – performance, filosofia, letteratura, ipermedia –  pretendendo tuttavia, in virtù della natura di quest'arte, di rimanere teatro.  Nel 2018 è Leone d'argento per l'innovazione alla Biennale Teatro.