Non può stupire l'accoglienza che alla storia   partigiana riserva il nostro tempo, dominato com'è dalla sensibilità   neoliberale. Che interesse può avere oggi ricordare quell'esperienza di   accettazione e disprezzo della sofferenza individuale, di coraggio, del   dare, subire e rischiare la morte come normalità quotidiana?
Sembrerebbe impossibile evitare che tale   esperienza sia catalogata tra gli orrori di cui il Novecento avrebbe il   primato. Se con i primi anni Novanta i partiti storici fondati sul mito   della Resistenza antifascista si sono disfatti, non si può certo dire   che le conseguenze di questo evento siano state tratte: né sul piano   politico, né su quello storiografico. L'incertezza sulla numerazione   della Repubblica (Prima, Seconda, dimezzata?) non è diversa   dall'incertezza in termini di bilancio del passato. In rapporto al   passato dell'esperienza partigiana, qui ci si sforza di individuare gli   aspetti per cui i partigiani sono stati e sono ancor oggi una figura   invisa: in tempo di guerra sono riusciti a fare una loro guerra, per   bande armate, in cui ha preso corpo una grande passione politica "non   governativa".